Numero 54 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Il teatro è vivo (a Napoli)

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di Paola Cortiana


“Noi dobbiamo accettare il peso di questo tempo triste. Dire ciò che sentiamo e non ciò che conviene dire”, questo afferma Edgar alla fine di Re Lear di Shakespeare.

 

E questo ci hanno trasmesso gli artisti che si sono avvicendati sulla scena durante il Festival di Teatro che si è tenuto a Napoli dal 4 al 27 giugno: tre settimane fitte d’incontri, spettacoli, eventi che hanno trovato nella città partenopea il palcoscenico ideale.
Giunto alla terza edizione, il festival ha confermato le aspettative grazie al nutrito programma di carattere internazionale: trentotto sono stati gli spettacoli del programma ufficiale, cui vanno aggiunti i trentanove fra spettacoli e performance che formano il parallelo E45 Fringe Festival, rassegna nella rassegna riservata a compagnie e giovani artisti emergenti, modellata sugli esempi delle manifestazioni europee.
Tre settimane in cui a Napoli si è respirata l’arte del teatro, in cui l’urgenza del comunicare ha fatto da padrona. È ancora vivo il teatro in Italia? Sembra proprio di poter rispondere con un sì deciso.




Per l’intera kermesse il desiderio di dialogare arriva allo spettatore, che si trova a sperimentare forme ed esperienze teatrali molto differenti tra loro: dalla videoinstallazione “Devo partire, domani” di Ming Wong, ispirata a “Teorema” di Pasolini, alla Soap Opera Teatrale in venti puntate “Bizarra”, fino ad arrivare alla “maratona” dei “Demoni” di Dostoevskij  per la regia di Peter Stein, il festival ci ripete che il teatro è multiforme, che i suoi confini si fondono e si confondono con quelli di altre forme artistiche, in un concetto di tempo personalissimo e dilatato. Il teatro ha molto da dire e da dare, soprattutto in questo momento in cui sembra, parafrasando Shakespeare, che il dire, sul palcoscenico, non “conviene”.  E' proprio nella precarietà che il ritorno e il rinnovamento del teatro trovano il pieno significato: gli spettatori diventano attori, acrobati, che, come precisano Zimmermann e DePerrot, registi del bellissimo “Öper Öpis”, “sono persone che per il loro lavoro sono saldamente ancorate al suolo… che reinventano sé stessi in una scena mobile e insicura, metafora dell’incertezza e dell’insicurezza della nostra vita”.
Insicura è anche l’esistenza dei ragazzi rom che dopo un lungo workshop teatrale in Serbia, realizzato con lo scopo di far incontrare cultura rom e cultura serba, mettono in scena le loro storie partendo dall’”Opera del Mendicante” di John Gay: siamo sicuri, ci suggeriscono gli attori, che i veri ladri siamo noi rom, zingari e ladruncoli di strada?

 

 

I giovani sono stati i veri protagonisti del Festival: oltre che negli spettacoli del programma ufficiale, artisti emergenti provenienti dall'Italia, ma anche da Brasile, Russia, Belgio, Francia e Gran Bretagna, si sono avvicendati sul palco del Fringe con energia, innovazione e coraggio. Si tratta di  esperienze a volte nate nella marginalità di circuiti off, non sempre riuscite, ma che hanno dato linfa vitale al Festival e che ci hanno offerto uno spaccato di gruppi emergenti determinati, preparati, con la voglia di rischiare. E di rischio parla anche Renato Quaglia, direttore artistico del Festival dalla prima edizione, che ha affidato la selezione per il Fringe all’Associazione “Interno 5", che vede la partecipazione di rappresentanti di un centro sociale, di una galleria d'arte, della radio universitaria, e di molti teatri di Napoli: “Non è un caso se noi troviamo sempre gli stessi nomi di artisti in diverse manifestazioni internazionali: è un sistema molto simile a quello dell'arte contemporanea, in cui alcuni collezionisti determinano il mercato… Ma si tratta, invece, di selezionare gli artisti senza seguire quest'onda… Tendiamo a privilegiare scelte che permettano ad artisti italiani di lavorare con artisti di altri Paesi; oppure, d'altra parte, a cercare un uso delle lingue che rimarchi differenti identità e modalità teatrali.”
E a far da chiosa a questa riflessione, non può mancare uno sguardo alla splendida città di Napoli, che si è disvelata completamente per l'occasione. A partire dai luoghi più rappresentativi come il Maschio Angioino e il magico restaurato Real Albergo dei Poveri,  a quelli testimoni di una città in continua evoluzione, come il Dormitorio pubblico e l'ex Birreria di Miano, grande spazio dismesso recuperato in tempi da record, la città è stata protagonista insieme agli artisti del festival.
E ora che il sipario si è chiuso su questa manifestazione, non ci rimane che guardarci attorno e lasciarci tentare dalle iniziative e dai festival che si susseguono in Italia durante l’estate. A Napoli gli spettatori “tardivi” chiedevano che cosa fosse successo nella puntata precedente della soap teatronovela “bizara”, andata in scena quotidianamente durante il festival: e allora viene da pensare che il teatro può essere ancora vitale ed emozionante, basta forse ritrovare un po’ di curiosità e di attenzione nello sguardo.

 

 

 

Paola Cortiana è nata a Vicenza nel 1974. Laureata in lettere moderne, insegna in un istituto superiore nella provincia di Padova. Dopo alcuni anni dedicati alla comunicazione sociale e all’organizzazione di eventi, attualmente segue attività e iniziative in campo teatrale e cinematografico, cercando di coniugare cultura, divulgazione ed educazione.