Numero 56 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Il settimo sigillo
(No, La corazzata Potemkin non è una cagata pazzesca)

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di Laura Lambiase Profeta


Nel 1976 nelle sale cinematografiche del paese furono proiettati: “Novecento” di Bertolucci, “Quinto Potere” di Lumet, “Taxi Driver” di Scorsese, “L’Ultima Donna” di Ferreri, “Gli anni in Tasca” di Truffaut e “Il Prestanome” di Martin Ritt.

Quello stesso anno uscì anche “Il Secondo Tragico Fantozzi” con la regia di Luciano Salce. Molti ricorderanno questo film e a mala pena gli altri citati; nonostante i primi potrebbero rientrare in una lista dei cento film da salvare e l’ultimo si ricorderà solo per una battuta. Oggi ci hanno abituati a volgarità di ogni tipo pronunciate con tono ilare. Ci viene spiegato con supponenza che la cultura non è pane. Il cinema italiano, per lo più pagato dai contribuenti, “noioso” come afferma Tarantino, ha la sobrietà di contenuti e la raffinatezza tecnica dei “filmini degli sponsali”, ed è a volte più imbarazzante.

yyNel 1976 la frase: “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca” pronunciata con la consapevolezza di un atto sublime di grossolana sottocultura, potrei dire di stampo Brunettiano, spazzò via, stracciò, appallottolò, buttò nel cestino della carta straccia la storia del grande cinema d’autore. Ciascun eruditello di provincia, ciascun scrittorucolo del nord Italia, ciascun giornalistello del sud: tutta la sottocultura italiana fu sdoganata con licenza di sputare il loro stupido veleno su Isenstin e C. Gente che con il concetto del bello non ha mai avuto nulla a che fare si è preso gioco dei Grandi Maestri, archiviando come pallose le loro geniali opere.

Buttati nel cesso il sublime bianco e nero, i volti e le similitudini di Isenstin, il suo montaggio verticale, modernissimo,  e la scena più citata nella storia  del cinema: La scalinata Di Odessa.

Riguardatela….non c’è nulla che la possa eguagliare.

La carica avanza, i soldati allineati iniziano a scendere la scala: se ne vedono le armi, le divise, gli stivali. Di fronte, di spalle. La musica incalza. I rivoltosi fuggono come formiche impazzite. Scendono e sparano, sparano gradino dopo gradino, le armi in pugno. Uccidono …volti urlanti, grida silenti. Donne, vecchi, bambini. Una madre raccoglie il figlio morto e va contro la soldataglia  risalendo le scale. Tutti fuggono, la musica straripa….Il volto di una donna,  la musica si placa come in attesa. La madre muore cadendo riversa sulla carrozzina di suo figlio… la carrozzina comincia a scendere  a precipitare lungo lo scalone  il pianto del neonato il terrore di chi guarda  sempre più veloce incalzata dagli stivali dei cosacchi fino all’ultimo gradino. Dove  finalmente si ferma.

Tutto questo cancellato da un stupida frase di un brutto film commerciale.

Allora si è messo alla gogna una cultura di sinistra che aveva dato molto fastidio alle mezze calze di destra. I detrattori si sbellicarono di risate consolatorie: anche allora si disse che eravamo così stupidi da non capire l’ironia. Infatti così stronzi da fare la  Napoli-Roma, stretti in  cinque dentro una cinquecento per rivedere per la terza  volta il “Galileo” di Brecht, e poi parlarne per giorni, discutendo sul ruolo dello scienziato moderno.

Mi piacerebbe che ci fosse ancora qualcuno incuriosito da  Rashomon di Kurosawa,  da “Il Vangelo” e “Accattone” di Pasolini, da  “Il settimo sigillo” di quel pallosissimo di Igmar Bergman.

A questa  grande umanità sottocolta amante dei vari Vanzina,  Brizzi, Sindoni, Veronesi e  Muccino che casomai si parlano d’amore  baciandosi,  e il giorno dopo si lasciano con l’ultimo bacio per ritrovare tutti gli ex  in stucchevoli notti prima degli esami.  Vorrei  raccontare a tutti costoro  di una partita a scacchi  giocata con la Morte.  Vecchio, noioso tema  affrontato da una massa di  rimbecilliti, rompiballe dei secoli passati.  

 

 

Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “Laboratorio Musica” e “l’Unità”; ha descritto Napoli sul “Mattino” e sulla guida “dell’Espresso”; si è divertita su “Cosmopolitan”.
E' nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.